Nonostante i numerosi impegni ravvicinati l’Olimpia Milano non vince, ma stravince una Coppa Italia dove in molti speravano in un calo delle “scarpette rosse”; specialmente dopo le due battute d’arresto con Trieste e Villeurbane, più figlie di stanchezza mentale e rotazioni ridotte all’osso dagli infortuni che per demeriti propri. La squadra di Ettore Messina dà una proverbiale prova di forza, dando praticamente 30 punti di scarto medio a partita a tutte le sue avversarie. Se la gara contro Reggio Emilia si presentava come un test non probante, (non c’è ne vogliano i fans della Reggiana ma è davvero troppo il divario tra le due compagini ) così non è stato contro una Venezia, colpita e affondata nonostante la prima metà di gara si sia conclusa in grande equilibrio. Gli uomini di Walter De Raffaele giocano due quarti sopra le righe per intensità e fisicità mixati da zone e difese a uomo che hanno parzialmente limitato le bocche di fuoco meneghine. Ma la vera differenza tra Milano e il resto del gruppo (a parte un roster lungo e qualitativo) sta nella mentalità e nell’approccio alla gara e una difesa costante che nei momenti che contano ti toglie il respiro. Ne sa qualcosa una strepitosa Carpegna Prosciutto Pesaro che arrivata in finale si è vista togliere tutte le possibili opzioni di entrate nei giochi che magistralmente Jasmin Repesa ha saputo infondere ad un gruppo tutto nuovo. Punter già dai primi minuti di gioco è stato l’uomo in missione che con una difesa d’anticipo ha tolto dalla partita Justin Robinson, autentico catalizzatore e motore del gioco della Vuelle Pesaro in tutto il week end; il resto lo hanno fatto la grande pressione sulla palla negando spesso quegli hand off e pick and pop da dove Pesaro iniziava a sviluppare tutto il suo gioco. Una menzione speciale va ai giallorossi che hanno dimostrato di avere un intelaiatura di gioco con tante soluzioni e uomini sempre diversi a referto, il tutto a testimoniare l’ottimo lavoro fatto da Repesa e il suo staff.
Nelle settimane scorse avevamo evidenziato più volte come la Virtus Bologna sia la squadra che più di tutte accende e spegne la luce….all’interno della stessa gara. Un atteggiamento che riflette come non ci sia serenità all’interno del gruppo (concetti ribaditi anche dallo stesso Baraldi in una recente intervista al Resto del Carlino), l’uscita agli ottavi di Coppa Italia non ha fatto altro che confermare quanto si sia visto fino ad oggi. Mettendo da parte i discorsi tecno – tattici (squadra a mio avviso incompleta in alcuni ruoli) quello che balza di più all’occhio sono gli strascichi che la vicenda Djordjevic -Markovic – Società ha lasciato; l’ambiente e tutto l’entourage delle V Nere manifestano un nervosismo che si riflette sulla squadra, una vicenda quella dell’esonero e successivo reintegro che andava gestita diversamente. Quando si prendono decisioni di tale portata, non si può successivamente ritornare sui propri passi. Speriamo che la lezione sia stata di aiuto per non commettere in futuro ancora gli stessi errori. L’ Happy Casa Brindisi disputa tutto sommato una buona Coppa Italia in cui bisogna tenere conto della defezione importante causa infortunio di A. Harrison e un K. Willis a mezzo servizio. La cosa che può far sorridere coach Vitucci è sicuramente l’apporto di due elementi come Gaspardo e Udom; una crescita importante di un supporting cast che non sempre è stato all’altezza della situazione quando è stato chiamato in causa. La Dinamo Sassari deve fare i conti col solito Pozzecco, anche questa volta l’ex formica atomica ne ha combinata una delle sue. Peccato perchè i sardi giocano una buona pallacanestro con un identità e una filosofia ben definita. Non è un caso che la Dinamo si è sciolta come neve al sole dopo l’espulsione per i due tecnici del suo timoniere; un supplementare dove Spissu e company sono andati letteralmente in confusione anche tattica, contro la zona di Jasmin Repesa, figlia della disperazione (Cain e Justin Robinson fuori per falli) che però ha pagato dividendi importanti ai fini del risultato finale. Uno step importante che Pozzecco deve compiere per diventare una allenatore completo a tutto tondo: non bastano le competenze tecno-tattiche ed essere un buon motivatore, la gestione della gara e del piano partita sono fondamentali e fanno parte del bagaglio generale che un coach deve possedere e che al momento risulta essere il vero tallone d’Achille dell’ex play di Varese e Fortitudo.