Parte oggi la nostra rubrica C’era una volta…la pallacanestro, oggi è il turno del primo grande coach innovatore che l’Italia ha avuto subito dopo il dopoguerra.
Carmine “Nello” Paratore, CT della Nazionale Egiziano, Oro europeo nel 1949. CT della Nazionale Italiana, 163 gare dirette, 106 vinte, Oro ai Giochi del Mediterraneo, 3 Olimpiadi Roma-Tokyo-Città del Messico.
Per chi cammina nella pallacanestro da oltre 70 anni, di aneddoti, curiosità e personaggi ne può raccontare a migliaia, ma uno, in particolare, mi sento di riportare all’attenzione di chi non lo ha conosciuto e non sa nemmeno chi sia: Il Professore.
Italiano d’Egitto, si trasferì con la Famiglia in Italia a causa del colpo di stato che destituì Re Faruq nel 1952 e per la pallacanestro italiana fu un acquisto importante, che contribuì all’ulteriore sviluppo del nostro sport.
La “volpe del deserto”, così era pittorescamente chiamato Il Professore, raccolse il testimone da altri due grandi allenatori, Francesco Ferrero e Jim Mc. Gregor, prese in mano il Settore squadre nazionali e per quasi 15 anni fu la nostra guida tecnica.
Io ho avuto la fortuna di incrociarlo da giovanissimo (18 anni), dopo le finali juniores di Bari, per la convocazione al Raduno giovanile di Fermo.
Poi è stato il mio allenatore in Nazionale A agli Europei di Mosca (1965) e con la Nazionale Militare a Parigi (1965/66); solo gli impedimenti per lavoro non mi hanno permesso di rispondere alle sue numerose convocazioni azzurre e beneficiare maggiormente dei suoi insegnamenti e consigli.
Desidero ricordare tre episodi che ci hanno coinvolto e permettono di conoscere, anche se a larghi tratti, l’uomo ed il tecnico.
1958 Fermo, raduno juniores – “ Il mio impatto con Paratore, quando giunsi a Fermo, fu scherzoso per Lui e traumatico per me: Avevo disputato delle prove di atletica orrende (colpa dei miei compagni della Stella Azzurra che le presero a ridere) e Paratore mi accolse sulla porta con una semplice frase: “sei un stro..o. Domani ripetiamo le prove. Le vinsi tutte e mi regalò la stessa carezza: sei proprio str..o”. Quando si sciolsero le righe, mi prese da parte e mi disse ancora: ci vediamo presto, ti tengo d’occhio, non deludermi”.
1965 Mosca Campionati Europei – finiti i Campionati con una medaglia d’argento passata sotto il nostro naso (Jugoslavia 83 – Italia 82), a poche ore dalla partenza, mi fece chiamare con urgenza: cosa avevo mai combinato ? Sandro, ho ancora tutte le calze di nylon, le penne bic e gli impermeabili, o me li vendi o ti lascio a Mosca. Sapeva che a Mosca avevo fatto”mercato”, ma vergognandosi si era tenuto in stanza le cose da vendere; portarle in Italia sarebbe stato ancora peggio. Vendetti tutto in 10 minuti e cosa ci avrà fatto dei rubli, dovendo ripartire per l’Italia, resta un mistero.
1965/66 Nazionale Militare – Paratore, come altri, aveva terrore dell’aereo ed ogni volta, la volpe del deserto, si trasformava nel più scaramantico dei napoletani: corni, amuleti, sale e litanie.
Eravamo in preparazione agli Europei Militari di Parigi e la Nazionale con le stellette aveva scelto di partecipare ai tanti tornei estivi che in quegli anni si disputavano nel nostro Paese: Roseto, Porto S. Giorgio, Messina, etc.
Vinto Roseto, la Squadra si trasferiva a Messina e l’Aeronautica aveva messo a disposizione un C119 (Roma Ciampino – Messina). L’aereo non era pressurizzato, volava a bassa quota e per regolamento dovevi indossare il paracadute.
Paratore aveva deciso di viaggiare in treno (14 ore), ma fu convinto, poi scortato fino alle scalette dell’aereo e dopo un breve mancamento, preso di peso e portato nella carlinga.
Messo a sedere, tranquillizzato, quasi anestetizzato da parole, rassicurazioni e distrazioni varie, sembrava tutto ok.
Chiuso il portello, messi in moto i motori, l’aviere di servizio ci consegnò i paracadute ed uno dopo l’altro li mettemmo su ligi al dovere.
Paratore prima sbiancò, poi fu afferrato da braccia robuste e sottoposto ad una “operazione chirurgica” che lo rimise a sedere e quindi, in anestesia mentale e cuore fermo…paracadutato.
A Messina perdemmo la finale con la Russia, non essendosi ripreso dal volo e pensando già al treno per il ritorno…
Ne avessimo oggi di Personaggi così, di Coach pragmatici ed essenziali come lui, capaci di tirare fuori il meglio da ogni giocatore e migliorarlo costantemente. Paratore, andrebbe riscoperto ed omaggiato da un qualche trofeo o appuntamento del nostro basket, intestato a suo nome.
Fonte e articolo a cura di Sandro Spinetti